mercoledì 28 marzo 2007

Le cinque pietre

- Incipit



Euclide, o chi per lui, circa 300 anni prima di Cristo, tirò dalla tasca cinque pietre, le pose al suolo e su di esse costruì un linguaggio, quello della ragione. Quei cinque sassi furono chiamati i "5 postulati della geomatria euclidea". Erano tanti anni fa. Euclide li applicò, vide che funzionavano, traendo spesso fondamentali conclusioni sulla realtà che lo circondava. Non fu il solo ad accorgersi di questo ma, appoggiandosi su di essi, altri uomini riuscirono a trovare sempre più similitudini tra la logica che tale geometria conteneva, e come la natura si comportava. Furono studiate le leggi del moto sulla terra e, confutando altri tipi di postulati, come quelli della religione, arrivarono a descrivere il moto dei corpi celesti con discreta precisione. Su quei cinque sassi furono costruiti ponti, case e chiese. Passarono gli anni.



-la verità va in crisi



Arriviamo al primo quarto del diciannovesimo secolo e, quasi contemporaneamente, un ungherese ed un russo, Bolyai e Lobacevskij, stabilirono irrefutabilmente che la dimostrazione, attraverso gli altri quattro, del quinto postulato di Euclide, quello che convinceva di meno e che diceva che "dati un punto e una retta esiste una e una sola retta passante per il punto e parallela a la retta data", è impossibile. La loro idea era che, se si fosse sostituito tale assioma con il suo inverso, la geometria ottenuta avrebbe avuto delle contraddizioni logiche al suo interno; ciò avrebbe dimostrato l'esattezza del quinto postulato. Ora accadde che Lobacevskij assunse che per un punto passassero due rette parallele a quella data. Ciò che ottenne fu una nuova geometria, perfettamente coerente e altrettanto armoniosa, quanto quella euclidea. Ora le incrollabili verità scientifiche erano due e ben presto sarebbe arrivato Riemann che "postulava" che per quel famoso punto non ne passasse nemmeno una!



-ma che significa?



Secondo Riemann, anche il primo postulato era "relativo". Per due punti non sempre passa una sola retta. Questa nuova geometria stimolò tante menti e con la sua teoria della relatività, Heinstein sostenne che questa descriveva meglio ciò che accadeva nel mondo in cui viviamo.


Tuttavia i ponti continuavano a collegare gli argini di un fiume e enormi cattedrali costruite secoli prima rimanevano in piedi con dentro i misteri della religione. Chiaramente non si trattava di fortuna o spirito santo ma era chiaro che nelle attività umane di tutti quei secoli i risultati "approssimati" che la geometria euclidea forniva erano utili allo scopo. In realtà le diverse superfici sulle quali le rette e le figure di queste geometrie si poggiavano creavano la negazione. Euclide poggiava tutto su un piano, Riemann su una ellissi. Dalla differenza di "supporto" nasceva l'incompatibilità.



-la verità non è unica



Le verità scientifica, il punto di vista oggettivo del big brother Euclide era uno tra infiniti altri punti di vista altrettanto veri. Ma tante verità incoerenti generano incomprensione e al limite, il caos.


Come definire il vero moto di una particella se due geometrie diverse rispondono due verità diverse. Quale delle due è l'"originale". La risposta potrebbe essere tutte e due. O nessuna delle due, magari una terza. Oppure nessuna. Ogni geometria usa postulati diversi, e descrive lo stesso fenomeno in due maniere diverse.



-Quale scegliere?



|(...) In francese, la parola conception traduce, in modo imperfetto , l'anglosassone design (...) In italiano si usa tradurre la parola inglese con progetto o progettazione che in francese tradurremmo meglio con projection. |


Questa frase di Le Moigne, fornisce una via alternativa.


Scontando la buona fede di Euclide, egli fondò la sua geometria, osservando la realtà. Egli doveva essere un osservatore molto attento per riuscire, primo trai noti, a descrivere in maniera così "oggettiva" e coerente ciò che poteva accadere intorno a se. Egli osservava con gli occhi, toccava con mano, faceva esperimenti su carta e nella realtà. Si potrebbe immaginare un team di collaboratori che lo aiutavano. O addirittura essere Euclide uno pseudonimo per un gruppo di persone. Con un obiettivo: trovare un modello che potesse aiutarli a comprendere, concepire e prevedere quello che sarebbe potuto succedere, per progettare razionalmente. Forse a quel tempo non era molto approfondito il concetto di modello, e quella geometria parve l'unico linguaggio che la natura parlava. Si potrebbe immaginare Euclide project manager  con obiettivo capire ciò che accadeva nella realtà geometrica. Ciò che aveva trovato fu solo un possibile interprete, più o meno capace, tra l'uomo e la natura. E come era la realtà che circondava Euclide? La sua geometria non parlava la lingua della realtà "sociale", ma di quella delle forme e degli spazi. Ma gli spazi che euclide analizzava erano limitati, non troppo grandi su un pianeta terra che aveva tutta l'aria di essere piatto...


Effettivamente il modello che Euclide elaborò, era perfettamente adeguato alle richieste di quel tempo. Occorreva misurare campi, che potevano essere approssimati a piani, se non essere proprio piani nella mente di Euclide. Magari, se già allora si fosse intuito che la terra non fosse stata piatta ma ellittica, Euclide non avrebbe affermato che rette parallele non si incontrano mai.


Oggi la geometria di Riemann è servita a spiegare lo sdoppiamento dell'immagine del quasar e a mostrare come alcuni fenomeni, iper-complicati nella descrizione euclidea, possono essere spiegati in maniera più "semplice".


L'utilizzo di geometrie non planari è servito per progettare il sistema informativo di robot mandati ad esplorare marte ad esempio per calcolare percorsi minimi su superfici certamente non planari.



-L' orbita di marte



Per Keplero l'obiettivo era descrivere il complicatissimo problema dell'orbita di marte. Keplero studiò ciò che c'era da sapere sull'argomento, si fece regalare uno strumento che gli permettesse di dare un'occhiata lassù e cominciò a scrivere. A fare calcoli. E ancora calcoli. Pare novecento fogli. Tutti quei libri che aveva studiato, e il contatto visivo con quel corpo fornivano una descrizione complicatissima di tale orbita. L'epicicloide ottenuta non convinse del tutto keplero che mischiò un po' le carte e, mettendo in discussione i soliti dogmi della sua società, mostrò il reale posizionamento dei corpi celesti e le meraviglie armoniche espresse dal loro  movimento ellittico. Keplero aveva creato una nuova realtà astronomica? No, aveva solo trovato un modello che fosse più utile al suo scopo. Più utile perchè riduceva la complessità del problema



-L'ermetismo dei problemi



Keplero diceva la verità? La sua verità era pari a quella che la Chiesa, già smentita da Copernico, aveva fornito per tanti secoli, difendendola fino all'estremo? Il modello che la Chiesa forniva insieme ad altri dogmi che "modellizzavano" l'esistenza umana, permise per tanti anni di infondere coraggio a popolazioni oppresse dalla fame e dalla povertà. Nonostante tutto il dolore che la realtà provocava, l'uomo rimaneva la creatura preferita da Dio, posta al centro dell'universo. Le orbite circolari erano quelle che esprimevano la pefezione divina della natura, e gli uomini sofferenti andavano avanti con l'unica speranza di arrivare in paradiso. Tale modello era "l'oppio" della societa che riusciva ad andare avanti con progressi esponenziali. Se Keplero fosse trasportato ai nostri giorni dopo una crisi dovuta alla distruzione delle sue verità (forse penserebbe che il diavolo ha preso il posto di Dio) si rilasserebbe in una vasca idromassaggio gustandosi un martini guardandosi "2001 odissea nello spazio!"


La complessità di un problema sembra non essere dunque una proprietà intrinseca dello stesso, ma una caratteristica che gli viene associata nell'istante in cui un generico osservatore crea un modello da applicare alla realtà del problema per concepire il suo presunto funzionamento. Due modelli diversi associano al problema due complessità differenti.


Ma scegliere il modello con complessita inferiore cosa implica?


E come misurare la complessità che il modello associa al problema? Per keplero, la risposta a questa domanda stava nei 900 fogli di calcolo.


Ma è stata un interpretazione sì pragmatica, ma non generalizzabile.

mercoledì 14 marzo 2007

Sobrietà

e io,
che da sempre punto all'essenzialità,
che avrei voluto un blog unpopiusobrio
[con accenti un po' qua un po' llà]
mi ritrovo questo.


mi adagio sul pensiero
che si tratta di sperimentazione
dettata dall'insoddisfazione


e allora.


Cerco un nuovo linguaggio


perchè il blog


secondo me


è 'na svorta
[come direbbero a Berlino]


ps. CI PENSO E CI LAVORO SU

lunedì 12 marzo 2007

caffè Veneto

che alla fine ieri ci sono andato a prendere un caffè con l'Amanda. che era da tempo che non ci parlavo, ma non so perchè ma tuttuntratto m'è parso che il suo accento fosse Veneto.


Che è sempre difficile decidere di andare a prendere un caffè con una donna.


Mi hanno detto un giorno che a Tirana [sembra lontana ma tra Tirana e Taranto ci sono meno chilometri che tra Agrigento e Bardonecchio, che non è in Veneto ma è lontano uguale] se un uomo e una donna vanno a prendere un caffe insieme è una sorta di promessa di matrimonio.


Che non sai mai se lei ci sta provando, se lei pensa che tu ci stia provando.


perchè andarsi a prendere un caffè secondo me è una bella mossa se una ti piace. Abbastanza intimo e con infinite destini successivi.

[destino 1. dopo il caffe parte l'amaro e poi un altro amaro e poi chissà]
[destino 2. Lei: "si è fatta una certa, ho da fare"]
[destino 3. Lui: "c'è una libreria qua dietro andiamo a dare un occhiata"]
[destino 4. Lui: "Io abito proprio qui dietro è un mio amico mi ha spedito delle cose da amsterdam....se ti può interessare.."]
[destino 5. Lei:"a me il caffe mi eccita" Lui "in che senso?"]
[destino 6. Lei:"mi ha fatto piacere conoscerti. il mio ragazzo è qui fuori. sentiamoci"]


Ora.
Il problema è che, come ben sapete, Amanda non esiste, o meglio non esiste più. prima esisteva.
Ora non più.
Questo vuol dire che potevo anche provarci, ma non è questo il motivo per cui vai a prendere un caffè con una che non esiste più. Sarebbe come darsi una zappa sui piedi.
Però è stata lei a chiamarmi. ed io credo che ad Amanda non le riuscirò mai a dire di No
.


Ora.
Ero al bar serbo vicino lo scalo S.Lorenzo, e mi ero preso apposta un pomeriggio libero dal negozio di cioccolatini, il mio nuovo lavoro.

ero seduto al bancone, perchè a me la gente seduta ai tavolini da sola, mi mette un po' tristezza. allora ero seduto sullo sgabello, da solo, ma al bancone, sorseggiando una deliziosa Grappa al Montenegro, in uno di quei bicchieri col fondo pesante e con la linea per indicare fino a quando versare, ma che nei bar che piacciono a noi quella linea si sa, si deve superare. Era il bar sbagliato, lo sapevo, ma ero in anticipo di tre quarti d'ora.
Quando mancava solo un quarto d'ora mi arriva il suo messaggio.


"sono in ritardo, anzi non so se riesco a venire. Ma devo parlarti"


telefono scarico. in tutti i sensi. e mi crepa lì.
esco fuori e mi fumo una sigaretta. poi mi ricordo che sto smettendo e dopo 3 tiri la getto. e aspetto che mi venga una idea. Ma l'idea non arriva. E me ne torno a casa.


lei sa dove abito.


Metto su la bialettiakiazze per il cappuccino. alzo gli occhi.
sento un rumore.
Lei è qui.
a piedi scalzi entra in cucina. e si siede.


"Forse è arrivato il momento che tu mi restituisca le chiavi non credi?" le dico io.


e abbiamo preso il caffé.
in fondo non è male questo accento Veneto.

giovedì 8 marzo 2007

buio

sarebbe anche ora di spegnere la luce.
giusto per un po'.
giusto il tempo per riposarmi.
ed è inutile che continui a versare acqua in un bicchiere già colmo.
l'acqua la devi bere.
smettila di versare.


che poi fa anche un po freddo.
Si lo so che l'inverno quasi non sìè fatto vivo questanno
ma io la mattina,
quando apro gli occhi,
non ce la faccio proprio ad uscire da sotto le coperte.


una bella doccia calda.
ad occhi chiusi,
con il getto sulle spalle.
e rimanere lì a riprendere forma.


se chiama qualcuno non ci sono.
di pure che sono morto,
e che la richiamo io.


che la gente sa dove vuole andare.
ma dopo un paio di passi cambia idea.
e allora smetto di guardarti,
se ti da fastidio.
anche se poi,
in fondo,
non ti ho guardato mai.
e se pensi che il mio sorriso sia un difetto di fabbrica,
beh non credo di essere un pezzo unico.


che se ad un certo punto lo capisci qual'è il problema
e ti chiedi "basterà?"
stai attento
la mediocrità ti annulla

martedì 6 marzo 2007

cinque giorni

che ieri poi ho visto Amanda.
Insogno, però, che mica esiste Amanda.
che mi ha detto, "come stai" e io "bene" e lei "lo sai che non puoi essere felice per più di cinque giorni di seguito", e dicendo così arrotolava, con le sue manine lisce e le unghia mozzicate, una cordoncino di spago intorno ad una trottola col la punta di ferro.


e quando ho aperto gli occhi, che ancora non sapevo che la tapparella era alzata, la luce mi ha supito abbagliato e allora li ho richiusi.


E lei era ancora li, ferma ad aspettarmi. "ma non sono un po' pochini cinque giorni?" le ho chiesto io accarezzandomi la barba. E lei che guardava serena la trottola che girava tuttaintorno al proprio asse mi risponde "che non ti basta?". a quel punto ha cominciato a girare pure lei sul proprio asse e la sua gonna tuttepieghe si alzava e io non avevo il coraggio di guardar di sotto, perchè io Amanda non l'avevo mai vista nuda. E siccome le sue gambe sono bellissime, ho subito chiuso gli occhi e lei mi ha detto "puoi guardare..."


ho riaperto gli occhi e c'era un moscone che sul soffitto mi guardava da su a giù. e chissa cosa c'aveva da guardare. E c'erà pure un bel profumo di ragù che veniva dalla cucina, tipo il ragù che faceva Amanda quando esisteva.


"cinque giorni, non di più" mi ha ripetuto lei con la gonna ferma che non svolazzava più. si era seduta per terra con le gambe incrociate e la gonna poggiata così, distrattamente. "non si può mica essere felici sempre..." le ho risposto io. "Beh sarebbe bello, ma per più di cinque giorni di seguito proprio non si può..."


Quando mi sono alzato e mi sono dimenticato questo sogno, ero felice, perchè di lì c'era il ragù, e per un attimo ho pure sperato che ci fosse lei.