Risentivo,
seduto sulla sedia della cucina con le piastrelle unte,
con la schiena a quarantacinquegradi
tra sedile e spagliera,
di pesantezza sparsa nei principali organi
tra testa e pene:
intestino pancia polmone cuore.
e continuavo ad osservare
le labbra dei commensali e delle commensali,
confondere la percezione con l'evidenza,
sminuendo tale differenza con risate sguaiate.
Immaginavo, con discreto impegno,
l'immagine di quel quartetto improvvisato,
seduto su sedie impagliate alla ben meglio,
che suonavano,
con lo sfondo di malinconici graffiti urbani.
Concentravo il mio sguardo
sull'unica chitarra presente,
la mia,
finita tra le delicate mani di un giovane riccioluto.
Avrei immaginato volentieri
anche il suono di quegli strumenti,
recuperati un po' per caso,
tra quelli disponibili nella piazza.
Ma quella immagine era per me una fotografia.
Anzi,
una doppia fotografia,
che lasciava ipotizzare movimento,
ma non legittimava la presenza di suono.
E tantomeno la dolce
temperatura della serata di inzio estate,
nel quartiere popolare della capitale,
dove avrei potuto
[forse dovuto]
immaginare le mie nuove radici,
se tutto non fosse stato
così scontato e inaccettabile.
ritornando all'immagine iniziale,
mi accorsi della portella del freezer aperta,
con urla sparse
che chiaramente descrivevano sconforto,
per l'ultima birra,
dimenticata lì,
e
chiaramente
esplosa.
seduto sulla sedia della cucina con le piastrelle unte,
con la schiena a quarantacinquegradi
tra sedile e spagliera,
di pesantezza sparsa nei principali organi
tra testa e pene:
intestino pancia polmone cuore.
e continuavo ad osservare
le labbra dei commensali e delle commensali,
confondere la percezione con l'evidenza,
sminuendo tale differenza con risate sguaiate.
Immaginavo, con discreto impegno,
l'immagine di quel quartetto improvvisato,
seduto su sedie impagliate alla ben meglio,
che suonavano,
con lo sfondo di malinconici graffiti urbani.
Concentravo il mio sguardo
sull'unica chitarra presente,
la mia,
finita tra le delicate mani di un giovane riccioluto.
Avrei immaginato volentieri
anche il suono di quegli strumenti,
recuperati un po' per caso,
tra quelli disponibili nella piazza.
Ma quella immagine era per me una fotografia.
Anzi,
una doppia fotografia,
che lasciava ipotizzare movimento,
ma non legittimava la presenza di suono.
E tantomeno la dolce
temperatura della serata di inzio estate,
nel quartiere popolare della capitale,
dove avrei potuto
[forse dovuto]
immaginare le mie nuove radici,
se tutto non fosse stato
così scontato e inaccettabile.
ritornando all'immagine iniziale,
mi accorsi della portella del freezer aperta,
con urla sparse
che chiaramente descrivevano sconforto,
per l'ultima birra,
dimenticata lì,
e
chiaramente
esplosa.