sabato 29 novembre 2008

destino cane

A Rimini, città
- fumando una sigaretta
- con la finestra aperta sul cortile
- c'era un cane
- nel recinto adiacente
- che fermo aspettava.

- Pensai alle immagini che il mondo
- crea per comunicare con noi
- creatura mondo...
- e chissà quella immagine di cane
- cosa doveva dirmi

- E pensai a mio padre
- "stando in quella casa non troverai lavoro"
- ed era vero.

- E pensai alla forma del destino.
- Destino mutevole, ma sempre scritto.

- Che in ogni istante e li difronte a noi
- a volte chiaro a volte irriconoscibile
- e che se continuiamo a seguire
- quello resterà.
- Ma se il passo si svincola,
- e la direzione cambia,
- quel cammino svanirà,
- visibile o invisibile che sia.
- E se ne creerà un altro,
- con le stesse qualità.
- Che un istante prima non era
- e un'istante dopo potrà cambiare nuovamente

- E ad ogni passo,
- il cammino rimarrà immobile
- o muterà,
- secondo le nostre azioni.

Le nostre scelte.

venerdì 21 novembre 2008

certezze e autostop

qualche anno fa,
era forse il 2003,
ero arrivato a una conclusione.
una delle tante


la vita è un volo, o almeno il tentativo di farlo
e ci sono tre tipi di persone:
quelle che non sanno volare e precipitano,
quelle che hanno un paracadute, e atterrano lentamente
e quelle che sanno volare.. ma queste sono le più rare.


chi non sa volare,
percependo di precipitare,
si dispera e cerca di afferrare qualcuno.

se abbraccia chi già precipita, beh precipitano più velocemente,
ma è la sindrome del cerotto.
farla finita subito

o abbraccia chi ha il paracadute,
rallentando il precipitare ma condannando l'altro.

guai, avendoci il paracadute,
a lasciarsi afferrare da uno che precipita


poi c'è chi sa volare che abbracciando può salvare
e volare  via insieme.


e si sa, che quando uno arriva a una conclusione,
generalmente si impersonifica con la figura migliore.
per legittimarsi.


ma per volare servono certezze.
forti, costanti, imperturpabili.


le certezze... già.

che le certezze però non sono sfere.
che le sfere, da dovunque le guardi, restano sempre sfere.
da sopra, da sotto, dal lato.


qualcosa mi fa pensare che chi ha certezze,
dovrebbe star fermo dov'è,
per vedere quello che vede sempre nello stesso modo.
e sereno continuare, sorridente, a volare.


ma bisognerebbe essere umile e,
soprattutto,
consapevole che cambiando il punto di vista le cose rischiano di cambiare....


per questo la certezza non è fatta per l'uomo curioso.
non  è fatta per chi,
costantemente,
mette in discussione quel che,
fino a cinque minuti fa,
poteva essere la sua certezza.

ma la curiosità,
se non sbaglio nel Simposio Socrate ne parlava,
può rendere l'uomo arguto, 
ma convinto solo che le certezze difficilmente saranno
per lui
tali.

e qual'è quindi la soluzione?

ma le conclusioni,
giassai,
non possono finire con un punto di domanda,

le conclusioni sono risposte,
le conclusioni sono certezze,
e le certezze non fanno domande,
quelle le fanno i curiosi.


e allora mettiamo in mezzo anche la possibilità che chi sa volare,
a un certo punto,
non ce la faccia più,
e smette di farlo.
e nello smettere rendersi conto che,
in fondo,
di certezze non ce ne sono.


a questo punto la risposta è abbastanza banale:
ed è non rispondere,
ma scegliere e cominciare a camminare.
senza
però,
fare l'autostop